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Le Notti Bianche - F. Dostoevskij

  • Benito Dell'Aquila
  • 24 gen 2015
  • Tempo di lettura: 4 min

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Quando ho pensato di scrivere qualcosa su Dostoevskij, mi sono chiesto se anche a voiè mai capitata una situazione simile alla mia.

Entro in una libreria, prendo a girare tra gli scaffali e tra le mani inizia ad accomularsi una pila di titoli. Giro che rigiro e mi imbatto tra i libri di Dostoevskij, ne afferro uno e penso che con un suo libro potrei davvero valorizzare me stesso. Improvvisamente, qualcosa mi blocca, non so esattamente cosa, ma è come se una sorta di inadeguatezza mi faccesse desistere dall'acquisto. L'autorità di quel nome mi spaventa, forse è per il fatto che sia un autore russo. L'autorevolezza dei russi, come Tolstoj o Puskin per esempio, mi spaventa. Li immagino così rigidi, freddi e pesanti.

Bene, oggi cercherò di sfatare questo mito, o almeno in parte.

Le notti bianche è uno dei romanzi brevi di Dostoevskij tra i più conosciuti e letti. Sono giunto alla conclusione che è il più letto perchè è anche uno dei più brevi, scarse 120 pagine, che si leggono tutte d'un fiato. Effettivamente risulta breve, ma non bisogna dimenticare che si tratta comunque di Dostoevskij, un russo e devo ammetterlo, ogni volta che scrivo la parola "russo", non riesco a non pensare alla cara Vodka, al maestoso Cremlino, all'indimenticabile Anastasia, al rigido freddo e a...Putin.

Il titolo Notti bianche nasce dal fatto che in Russia in un determinato periodo dell'anno, per avere il tramonto bisogna aspettare che siano passare le 10 di sera. I protagonisti sono soltanto due: un ragazzo di cui non conosciamo nemmeno il nome, probabilmente un ritratto dello stesso Dostoeskij e una giovane diciassettenne, Anastasia che tutti chiamano affettuosamente Nasten'ka.

Lui stesso si definisce un sognatore che ha vissuto fino a quel momento sopravvivendo, non ha famiglia, non ha amici, non parla con nessuno se non nella sua testa. Il suo più caro confidente è un palazzo rosa che qualcuno ha deciso di tinteggiare di giallo. Vaga per la città, immagina un'infinità di cose fino a quando una sera non incontra Nasten'ka. Le passa accanto, inizia a rilettere se fermerla o andare oltre, pensa, ci ripensa, decide di andare oltre, ma un dettaglio lo spinge ad avvicinarla. L'avvicina, ma lei decide di scappare e quasi finisce nelle grinfie di un molestatore ubriaco,ma l'intervento di lui, la salva. Solo in quel momento Nasten'ka decide di lasciarsi accompagnare a casa. I due si daranno appuntamento per la sera dopo, stessa ora, stessa panchina e ciò accadrà per quattro giorni.

Il momento cruciale si presenta quando Nasten'ka decide di sapere la storia di questo giovanotto. Da lì in poi seguiranno pagine di soliloqui ed è qui. che capiamo. che non siamo alle prese con una favoletta di Esopo, ma ci siamo cimentati nella lettura di un Dostoevskij. Beh, non sono molte pagine, ma vi consiglio di non affrontare questa lettura a notte inoltrata, altrimenti, il mattino dopo dovrete rileggerle nuovamente.

La parte che ho praticamente adorato? Quando è Nasten'ka a raccontare la sua storia. Una diciassettenne di bell'aspetto che vive solo con sua nonna cieca, la quale per evitare che la nipote se ne vada in giro, la tiene legata alla sottotana con una spilla. Nonostante conduca una vita appartata riesce a trovare l'amore per un inquilino della nonna; ma non voglio raccontarvi troppo, perchè questa parte è davvero degna di essere letta.

I due si daranno appuntamento per diverse notti e il sognatore si innamorerà di Nasten'ka.

La conclusione del libro è davvero cruciale e quasi può spingere a dimenticarsi della parte iniziale. Ma aspetto i vostri pareri in merito.

Consigli sugli acquisiti: io ho comprato la versione tascabile ed economica della Newton Compton di soli 0,99 cent., con un'ottima prefazione, mi pare di Luisa De Nardis. Mondadori ne propone una copia a 7.00 E. Per gli amanti degli e-book ci sono copie dai 0,49 ai 2.00 E.

Per i più pigri, ho scoperto esistere una riproduzione cinematografica. Un nostro grande regista, Luchino Visconti, ha ben deciso di utilizzare proprio il romanzo di Dostoevskij per realizzarne un film. Esso è ambientato non nella vasta Russia, ma a Livorno, nel periodo del dopoguerra suppongo, considerate la moltituidine di palazzi fatiscenti. La parte del protagonista è affidata a Marcello Mastroianni...Sì, sì, proprio quel "Marcellooo! Come here!", della Dolce Vita. La parte di Nasten'ka è affidata invece, a una giovane Maria Schell, che nella pellicola di Luchino prenderà il nome di Natalia. Grosso modo, Visconti rimane fedele al testo di Dostoevskij, ma notevoli sono le differenze. Innanzitutto, per la messa in scena, viene quasi del tutto a mancare la parte, come dire...pensante del testo, quella in cui il sognatore fa i suoi soliloqui. Tutto ruota intorno alla vicenda di Natalia e alla sua strana vicenda d'amore. Marcello è magistrale, ma forse come fisicità poco si adatta all'immagine di tipo solitario, riflessivo. Marcello è un bel pezzo di attore e più volte si intuisce dai suoi gesti, che vorrebbe far desistere Natalia dalla sua promessa. Nel film, inoltre, sono presenti due scene estranee al testo: quando Natalia e Marcello si recano in un bar e credetemi, vedere Mastroianni ballare a tempo di rock'n'roll, scatenandosi per far colpo sulla sua nuova amica è grandioso. L'altra scena, invece, carica di pathos emotivo e bizzarra è l'incontro tra Marcello e una prostituta. E' calata tanta tristezza. La visione non dura moltissimo e ne consiglio la visione, tra l'altro si reperisce anche su You Tube. [Clicca su You Tube per i link]. Si avvisano i gentili lettori che è un film in bianco e nero. Niente HD, 3D o altro!

Fatemi sapere se libro/film vi è piaciuto e date un'occhio alla Gallery [Clicca qui]

 
 
 

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